Indagine tra gli archivi bleniesi

Adriano Rodesino sta percorrendo la valle di Blenio per catalogare nascite, matrimoni e decessi degli ultimi secoli. La sua ricerca porta anche ad alberi genealogici e statistiche demografiche

Come un detective, fruga nel passato, risolve misteri familiari di due-trecento anni fa, divertendosi un mondo e recando un prezioso regalo alla comunità. Nella sua casa di Corzoneso, il fisico e programmatore informatico ora sulla via della pensione Adriano Rodesino, sta digitalizzando migliaia di pagine tratte dagli archivi parrocchiali e comunali della Valle di Blenio. È seduto tra cinque computer, una postazione fotografica con due lampade apposite e alle pareti immensi fogli che raffigurano alberi genealogici e grafici.

Come è iniziato questo lavoro?

Quando è morta mia zia, l’ultima che aveva una lunga memoria di famiglia, sono andato a cercare se negli archivi di Dongio c’erano informazioni sui Rodesino. Ho notato che i libri erano in uno stato di deterioramento abbastanza grave, per cui ho deciso di fare qualcosa. Ho pensato di fotografare e trascrivere tutto l’archivio di Dongio. Ma l’appetito vien mangiando…

E si è ritrovato a immortalare gli archivi delle frazioni di Acquarossa, di Aquila, Ludiano, Campo Blenio, Ghirone e ora Semione…

Già. Sono arrivato oggi [4 dicembre ndr] a 15’376 files per un totale di 74 gigabyte. Mi restano ancora due archivi per completare la valle: Olivone e Malvaglia, che mi occuperanno per altri 2-3 anni, e poi mi fermerò. Se qualcuno vuole fare la stessa cosa nella sua regione, mi rendo disponibile a spiegare come funziona il mio metodo, ma bisogna lavorare in una zona di cui si conoscono i cognomi, altrimenti si riesce a capire ben poco.

Ci può spiegare come funziona la sua ricerca?

Dunque, io vado in un archivio e in genere trovo un armadio pieno di libri e un’ottima collaborazione da parte dei responsabili degli archivi parrocchiali (incluso l’archivista signor Figini dell’Archivio diocesano) e dei funzionari comunali. A me interessano soprattutto i registri di battesimi, matrimoni e decessi che all’epoca erano tenuti dai parroci. A volte risalgono fino al Cinquecento, sono scritti a mano, quasi sempre in italiano, raramente in latino. È bellissimo tenerli in mano. Prendo un paio di libri alla volta, li porto a casa, ne fotografo ogni pagina e poi li riporto subito indietro. Poi trascrivo al computer quello che c’è scritto, che è il lavoro più faticoso.

E noi come possiamo consultare i risultati?

Nel Municipio di Dongio c’è una sala aperta a tutti dove si può accedere all’archivio informatico che sto compilando. A breve il tutto sarà trasferito nella costruenda casa comunale di Acquarossa. Funziona come un catalogo con varie voci: per esempio mi interessa un cognome? Lo inserisco e lancio la ricerca: otterrò tutte le pagine (fotografia dell’originale e trascrizione al computer) in cui si cita quel cognome. Posso cercare anche un luogo e una data e sapere tutto quello che è successo nel 1803 a Ludiano, per esempio. Voglio sapere com’era la popolazione a Dongio nel 1860? Inserisco la domanda e mi appare una mappa zona per zona del paese con la descrizione di ogni focolare: nomi, età, qualche volta anche il mestiere dei componenti della famiglia. Questi dati li ho ottenuti grazie a delle specie di censimenti che si facevano all’epoca, chiamati Status animae. Tutta la ricerca va fino agli inizi del Novecento.

Ci sono altri tipi di informazioni rispetto a quelle sugli abitanti che ha descritto?

A volte si trovano descrizioni favolose di certi curati; accade soprattutto con le catastrofi, per esempio la buzza di Dongio del 1758 e quella di Corzoneso nel 1868. Descrive chi è morto e come, a volte raccoglie testimonianze. Oppure si discute di altre questioni scabrose, come il caso di un suicida che nessuno voleva seppellire al Camposanto, finché finalmente si sono decisi a farlo.

È un lavoro ripetitivo?

Io mi diverto moltissimo, mi sento un investigatore. Per esempio correva una leggenda sulla mia famiglia, si diceva che un certo mio antenato aveva preso il cognome della moglie, Rodesino, perché aveva bisogno di nascondere la sua vera identità… Grazie alle ricerche che sto facendo, ho scoperto che invece era un Rodesino anche lui e che aveva sposato una lontana cugina. Però è vero, a volte fanno male gli occhi e si ha bisogno di cambiare un po’. Allora faccio alberi genealogici e statistiche.

Cioè?

Incrocio i dati e guardo l’andamento demografico, il tasso di mortalità, l’età media ai decessi di uomini e donne (che duecento anni fa era di 27-28 anni per gli uomini e di 33-34 anni per le donne), li confronto tra i vari villaggi, scopro quando ci sono state epidemie importanti o catastrofi naturali.

Grazie all’informatica e a programmazione apposita ho potuto calcolare la popolazione delle varie località nei vari anni; credo che questo metodo (impossibile senza l’aiuto degli elaboratori) rappresenti un po’ un unicum; normalmente gli storici, per il calcolo della popolazione, si rifanno agli Status animae, spesso non troppo attendibili ma che si prestano facilmente a calcolo manuale.

Mi interessa anche il tema dell’emigrazione. Ho fatto dei grafici con le nascite dei bambini in varie epoche. L’emigrazione, ma questo non è novità, avveniva nei mesi invernali, con tendenza a rientri temporanei per Natale; quello che però è sorprendente è la forte differenza percentuale fra le località esaminate e talvolta anche curiosi ‘rientri’ di popolazione maschile.

Poi si incontrano misteri (o quasi) che solo gli storici possono risolvere. Io faccio ipotesi, ma spero che tutto questo materiale un giorno verrà studiato da storici e demografi; insomma è bello per la nostra curiosità, ma vorrei che fosse anche utile per la Storia locale!

Che cosa le dà più soddisfazione?

Oh, ci si emoziona spesso: in negativo, a vedere queste famiglie di una volta, con 15-20 figli, di cui ne restano magari solo due o tre; in positivo, perché sembra un po’ di rivivere il passato, di conoscere il parroco che scrive: leggi la sua calligrafia e sai se quel giorno stava bene o no. Io mi affeziono, gli faccio il tifo quando vedo che gli trema la penna, gli dico: ‘Dai resisti!’. E poi un giorno, tra le pagine di un libro ho trovato un fiorellino del Settecento, che ho portato a casa a mia moglie. Quello che faccio ha la forma di un gioco, ma incute tutto il rispetto delle cose importanti.

AUTORE
Sara Rossi Guidicelli

PUBBLICAZIONE
Rivista 3valli

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