La Fondazione Ghisla di Locarno è stata voluta dai coniugi Pierino e Martine per dare a tutti la possibilità di gustare il loro patrimonio artistico
Mirò, Magritte, Picasso, Botero, Dubuffet, Basquiat, Fontana, Christo… solo alcuni nomi per dare un’idea di cosa si trova nel cubo rosso in Via Ciseri 3, a Locarno, proprio dietro il Casinò e la Piazza Grande. Quando un ticinese va in vacanza a Roma, Parigi, New York di solito pensa: eh, noi ce le sogniamo mostre come ci sono qui. E invece, dal 2014, il Ticino si è dotato di un’esposizione straordinaria, che si rinnova due volte l’anno e presenta i grandi dei secoli Ventesimo e Ventunesimo. Tutto questo grazie a Pierino Ghisla, di Marolta, e a sua moglie Martine, belga di una cittadina fiamminga vicino a Bruxelles. La Fondazione Ghisla funziona così: ogni anno viene scelta e esposta una parte della collezione d’arte di Pierino e Martine. Le opere maggiori però restano e inoltre, ogni sei mesi, c’è un’esposizione temporanea invitando uno o più artisti contemporanei esterni alla collezione. La Fondazione organizza anche visite guidate, aperitivi, performance, momenti per bambini e altre possibilità di comunicazione con il pubblico. In una visita normale, c’è l’audioguida, disponibile in varie lingue, che dà spiegazioni a molte delle opere esposte. Dalla sua apertura nel giugno del 2014 vi sono stati oltre 15mila visitatori. Già l’edificio è molto bello da osservare: lo studio d’architettura Moro&Moro di Locarno ha ristrutturato una palazzina degli anni Quaranta, dandole una nuova pelle nera con intreccio di maglie rosse sopra che producono un effetto cromatico cangiante secondo l’inclinazione solare. Un canale d’acqua intorno circoscrive l’edificio richiamando la natura lacustre del luogo. All’interno ci sono tre piani espositivi collegati, oltre che da ascensore, da una splendida scala a chiocciola che già di per sé vale la visita.
I signori Ghisla
Hanno una storia molto bella, romantica, da film. Lui, di Marolta, dopo le scuole dell’obbligo è partito da uno zio che era emigrato in Belgio e si era sposato là. Pierino doveva trascorrervi soltanto le vacanze estive e invece vi è rimasto anche lui. Ha cominciato a lavorare con lo zio e ha incontrato la nipote della zia acquisita: Martine, che è ben presto diventata sua moglie e sua compagna di vita. In realtà Pierino e Martine si erano già conosciuti da bambini, quando un’estate lei aveva seguito la zia nel paese d’origine dello zio, Marolta. Si ricorda un piccolissimo villaggio con tanti cugini, nessuno che parlasse la sua lingua. Di tutto questo una persona l’aveva colpita più di tutti: Pierino, che all’epoca aveva 13 anni. E Martine, che ne aveva 9, aveva pensato, senza assolutamente sapere perché: ‘Io questo me lo sposo’. L’amore non ha spiegazioni. Così come non ne ha l’arte, secondo loro. Pierino e Martine al loro matrimonio avevano appena 18 anni lei e 22 lui. Nessuno dei due aveva avuto un’educazione artistica, però al momento di metter su casa, hanno comprato qualche mobile e un quadretto per pochi soldi. Pierino Ghisla racconta che amava andare alle aste, solo per vedere cosa c’era: «Venivo da una valle povera che però aveva belle chiese antiche; alle aste erano in vendita solo vecchi quadri e oggetti d’arte d’epoca… in pratica conoscevo solo l’arte del passato. Quando un giorno per la prima volta mi sono imbattuto in una tela contemporanea mi è mancato il fiato. Sentivo che un mondo mi era stato celato fino ad allora. Ho chiamato mia moglie e insieme abbiamo osservato il quadro affascinati. Di comprarlo non se ne parlava: non ne avevamo certo i mezzi. Da allora però mi sono messo a leggere riviste di arte contemporanea». Anni dopo a Bruxelles fu annunciata una mostra proprio di quell’artista che li aveva tanto colpiti: Georges Mathieu. Presero contatto con la galleria che doveva esporlo ed ebbero la possibilità di vedere le opere in anteprima, scegliere quale comprare e conoscere Mathieu in persona. «Siamo andati a cena insieme, eravamo giovani e lui ci metteva in soggezione. Però è stata una cena stupenda, emozionante. Mathieu è un filosofo, sapeva parlare bene del mondo, della vita, della pittura. Di nuovo avevamo l’impressione di fare capolino in qualcosa di intrigante che dovevamo scoprire e approfondire», spiega Martine. Così, dopo quel primo quadro, ce ne furono altri, molti altri. Finché una decina di anni fa si resero conto che non avevano più posto. Che fare? Prestare le loro opere a un Museo? Ma se poi non fossero state esposte ma messe in cantina? Rinchiuderle in un magazzino? Peccato… E così piano piano si è sviluppata l’idea di uno spazio espositivo gestito da loro. Ed ecco la nascita della Fondazione Ghisla a Locarno, luogo dove avevano deciso di trascorrere la pensione. «Se volevamo più visitatori potevamo aprirla a Bruxelles, a Basilea, Zurigo», commenta Pierino Ghisla. «Ma noi volevamo fare una bella vita come quella che ci permette il clima e l’intimità di Locarno. E poi, io non ho mai tagliato le mie radici con il Ticino, è qui che voglio stare».
Collezionisti e conservatori d’arte
All’inizio si scelgono le opere secondo il proprio gusto personale. Poi mano a mano che si diventa conosciuti, si ricevono molte offerte, domande, inviti. È difficile rimanere indipendenti nelle proprie decisioni, ma è quello che cercano di fare Martine e Pierino Ghisla. L’arte è come l’amore, parole loro: non sai perché ti piace una cosa piuttosto che un’altra, ma se riesci a non farti condizionare dalle tendenze, dalle mode, da quello che nell’ambiente si ritiene ‘importante’, allora rimani libero di sposarti per amore, cioè di acquistare solo i quadri o le sculture che ti hanno fatto veramente innamorare. I loro gusti hanno così seguito una loro libera evoluzione: dalla ‘sala storica’ dove tengono i primi amori, Mirò, Magritte, Picasso, Botero e così via, a quella americana con Basquiat, Wesselmann, Rosenquist, Haring, Lichtenstein, a altre sale che presentano un’arte più recente e innovativa. Due fra i più famosi sono la coppia Christo e Jeanne-Claude (famosi per ‘impacchettare tutto’ nella plastica, dalla Porta Pinciana di Roma al Reichstag di Berlino, al Pont Neuf di Parigi) e Robert Indiana, conosciuto in tutto il mondo per la sua opera in cui la parola love a lettere maiuscole è disposta in un quadrato con la O inclinata (è parte della collezione Ghisla). Un posto importante hanno poi gli artisti giovani, emergenti, ‘lanciati’ dai Ghisla. La mostra temporanea, che si rinnova ogni sei mesi, presenta spesso l’opera di un artista che conoscono personalmente, di cui già possiedono un pezzo e che pensano sia interessante approfondire mostrando uno spaccato più ampio del suo lavoro; si tratta prevalentemente di artisti giovani, anche se ci sono eccezioni, vedi riquadro a fianco. Chiedo a Pierino e Martine Ghisla da chi e come viene pensato l’allestimento: «Lo facciamo esclusivamente noi e sempre con il solito criterio principale: come ci piace», sorridono. Più che la cronologia o il tema, guardano cosa sta bene con cosa. Come scrive di loro Luciano Caprile, critico d’arte: ‘La fondazione è la casa ideale del collezionista’ e quindi è disposta seconda la logica di chi l’ha ideata.
Approfondimenti
AUTORE Sara Rossi Guidicelli
PUBBLICAZIONE Rivista 3valli
DATA DI PUBBLICAZIONE 01 Marzo 2017
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