Chissà, forse un giorno ne farà un libro, ma secondo me anche un film potrebbe essere perfetto per raccontare la sua storia. Dentro ci sono le grandi tragedie dell’esistenza, i miracoli, le vite che si moltiplicano e le forze che rinascono dalle ceneri. C’è l’amore e tanto tanto di questo nostro storto mondo.
La storia di Ernesto Jacomelli comincia da Prugiasco, alcune generazioni fa, quando le famiglie con questo cognome in paese erano tantissime. Lui fa parte dei Bert e suo nonno era già un personaggio che potrebbe riempire una pagina. Ribellandosi ai piani famigliari che lo volevano prete, parte per la Francia a 14 anni con un fagotto, vende marroni, si rivolta contro il suo datore di lavoro che lo maltrattava e va a Parigi. Da solo. Diventa tassita, una volta guida per venti ore di fila. Per lavoro? No, per rapire la sua amata sui monti di Prugiasco e portarsela nella Ville Lumière, dove visserocolmi di agi e felicità.
Per farla breve, hanno un figlio che tornerà in Svizzera, lavorerà in ferrovia e diventerà padre diErnesto, il protagonista della nostra storia di oggi. Il nonno marronaio, tassista e poi direttore di albergo, gli dirà poche parole, ma iscritte nella pietra: «Rispetta tutti su questa terra. E fatti rispettare».
Gli altri parenti danno a Ernesto un compito importante: salvare la discendenza, di cui è rimasto l’unico. E infatti il nostro Jacomelli ha avuto quattro figli che oggi sono grandi e hanno girato il mondo. Già da piccoli hanno vissuto in Ticino, a Roma, Gerusalemme, Vienna, Berna, Port-au-Prince, Santo Domingo. Perché?
Che mestiere faceva Ernesto?
Prima ha cominciato come docente di ginnastica a Bellinzona, poi ha iniziato a lavorare per le Nazioni Unite con statuto di diplomatico tramite l’Esercito Svizzero. Così ha iniziato a viaggiare, fino agli anni Duemila quando è diventato Capo del Centro delle Operazioni Congiunte per la stabilizzazione di Haiti. L’isola era ed è ancora teatro di grande criminialità e soprusi, e il governo aveva chiesto all’Onu di installare una missione di Mantenimento della Pace per aiutare il Paese a gestire i vari problemi che lo attraversavano. Jacomelli diventa dunque capo di una grande struttura e resposabile di militari, polizia, agenti di sicurezza, anti droga e così via.
Nel 2010, il 12 gennaio, dopo un pomeriggio passato al telefono, egli riceve un’ennesima telefonatae quella telefonata gli salverà la vita. Sì, perché accetta un incontro, esce dall’ufficio e alle 16.53 sta per raggiungere la sua automobile. Il finimondo gli cade addosso. Haiti è scossa da uno dei più catastrofici terremoti che si possano ricordare: magnitudo 7, più di 200mila morti, 3 milioni di persone coinvolte nel disastro.
Jacomelli torna verso il suo ufficio e scopre che del palazzo dove si trovava pochi minuti prima non rimane più nulla, eccetto le macerie che hanno schiacciato i suoi colleghi.
«Quando sei un sopravvissuto, niente sarà mai più come prima. La vita va ricostruita da zero, con nuovi equilibri», mi racconta. «Mio padre, che in quegli stessi giorni era morente, mi ha detto: Ernesto, il destino vuole che tu faccia qualcosa per la gente di Haiti».
Mi confida ancora: «Sai, fino ad allora io avevo lavorato in ambito umanitario, ma sempre lontano dalle persone che avevano bisogno. Stavo con gli expat, dirigevo tutto un dipartimento ma non ero vicino alla gente locale: avevo interessi di carriera e stavo per essere trasferito a New York».
Dopo il terremoto
Ernesto mi descrive il panico in cui ti trovi quando perdi tutto (dai vestiti alla casa al luogo dove trovare del cibo). Le prime settimane dopo il terremoto è vissuto nella propria vettura, poi in tenda dove ha condiviso la dura realtà quotidiana della gente haitiana che da sempre risolve i problemi con un grande altruismo. Entra in contatto con medici, ginecologi e infermieri che avevano messo in piedi l’Unité de Soins de Santé André Thénord, una clinica di salute praticamente gratuita, in favore delle persone più emarginate e indigenti. «Loro sì che facevano volontariato, ma senza saperlo. Lavoravano nell’umanitario senza essere formalmente parte di un’organizzazione internazionale. E ho capito che quella era la via giusta per provare a ricostruire il paese: partire da chi sa quali sono i bisogni reali di una popolazione e quindi partire da chi già opera ed è parte del tessuto sociale del territorio».
Sono le regole di base della cooperazione, anche se non sono ancora sempre seguite. Troppo spesso ci sono organizzazioni che calano aiuti dall’alto, con ottime intenzioni ma senza prevedere a sufficienza le conseguenze dei loro gesti: regalare oggetti, vestiti, servizi, in realtà ammazza l’economia locale e non sempre azzecca la gerarchia delle necessità più impellenti.
Una nuova vita
Grazie a Ernesto e ai suoi amici, oggi esiste una fondazione, che si chiama Mapou-Int, che al momento ha progetti per l’istruzione dei più giovani, l’educazione sessuale e la formazione di psicologi. Il 70% delle bambine non finiscono la scuola obbligatoria e spesso è perché rimangono incinte. È un tabù per le famiglie, la chiesa non ne parla e nemmeno nelle scuole si fa educazione sessuale. Per cercare di contrapporsi a questa piaga, medici e personale della clinica André Thénord organizzano ogni sabato incontri con i giovani del luogo dai 10 ai 24 anni. Stanno formando sempre più persone che possano dare lezioni (online e in loco) e coinvolgono gruppi locali come per esempio gli scout, per accelerare il passa parola. Quello che funziona meglio sono le lezioni del sabato mattina dopo le quali viene distribuito il pranzo ai partecipanti.
E qui si arriva a un altro dei gravi problemi che affliggono l’isola: la fame. Un bambino su tre ad Haiti è vittima di malnutrizione. Uno dei progetti a cui sta lavorando Jacomelli è un progetto legato alla fabbricazione di spirulina. La spirulina, che si ricava da un’alga, è un potente integratore alimentare che si usa anche per combattere la denutrizione; l’occidente ne ha un gran bisogno in ambito farmaceutico per preparati che combattono infezioni, allergie e via dicendo. La genialità dell’idea di sviluppare un’industria della spirulina nei Caraibi è che crea posti di lavoro, genera soldi (quindi si autofinanzia) e dà nutrimento. Tre vantaggi in uno.
Associazione Mapou
Mapou-Int nasce in collaborazione con l’associazione ticinese Mapou, che si occupa di salute mentale ad Haiti. Le psicologhe Elena Conelli e Laura Signorelli si occupano, con altri colleghi di qui e sul posto, di formare studenti della facoltà di psicologia di Cap Haitien, e altro personale adeguato in vari campi. È stata propio Laura Signorelli a dirmi di parlare con Ernesto per farmi raccontare che cosa provano a creare da qui nei Caraibi: «In questo momento di mondo», mi aveva scritto Laura, «Mapou mi aiuta a pensare che piccole cose belle possono essere possibili».
Un paio di anni fa, Jacomelli è dovuto tornare a vivere in Svizzera, dopo ripetuti attacchi alla sua persona a Port-au-Prince. Ha scelto la casa di famiglia di Prugiasco e ha contattato scuole ticinesi interessate a realizzare gemellaggi e in particolare mense nelle scuole haitiane, anche se queste attività sono nel cassetto vista l’instabilità attuale del paese. Cerca di mettere in pratica quello che gli aveva detto suo nonno: «Siamo tutti uguali; se tu fossi nato al posto di un altro, più o meno sfavorito di te, ti comporteresti come lui. E allora rispetta tutti. Oltre che farti rispettare».
AUTORE Sara Rossi Guidicelli
PUBBLICAZIONE Rivista 3valli
DATA DI PUBBLICAZIONE 01 Dicembre 2024
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