Filippo Genucchi, maratoneta dei ghiacci

Il bleniese Filippo Genucchi ha corso nelle nevi del Canada per 6 giorni raggiungendo il traguardo 25 ore prima degli altri concorrenti

 

Filippo Genucchi è sempre sorridente, ha la barba incolta, l’orecchino e gli occhi vivaci di chi sa davvero scorgere il bello nelle cose. Filippo conosce a fondo la montagna e i suoi segreti, perché lui in montagna ci vive e ci lavora: d’estate si occupa dei sentieri dell’alto Ticino, d’inverno è il responsabile per l’apertura del passo del Lucomagno. Filippo, dopo il lavoro, si è allenato in gran segreto un anno intero per partecipare a una massacrante maratona di 500 km tra i ghiacci del Canada. «È stato come avere un secondo lavoro» mi ha detto. Filippo quella maratona l’ha stravinta, anche se mi ha confidato che la sera prima della gara aveva sperato che la annullassero.

Ci siamo incontrati per l’intervista qualche settimana dopo il suo rientro dal Canada, non senza un certo imbarazzo. A lui imbarazzava il fatto di essere intervistato da un amico. Io ero imbarazzato perché non avevo preparato nessuna domanda; ero sicuro che con un amico le parole sarebbero sgorgate da sole. E così è stato.

Ma partiamo dal principio. È stato l’amore per la natura e per i climi invernali che lo hanno portato a iscriversi alla Yukon Arctic Ultra, con la decisiva spinta di un amico. «È stato il mio massaggiatore, sull’onda delle imprese del ticinese Marco Gazzola, che mi ha detto che vedeva in me del potenziale per gare di resistenza. Visto però che il caldo non lo sopporto proprio, qualche tempo dopo si è presentato con un articolo sulla Yukon Arctic e altre gare simili, dove il caldo non c’entrava. A quel punto gli ho detto che se lui mi avesse aiutato ci avrei provato. Mi ha quindi preparato un programma d’allenamento: una novità per me che fino ad allora avevo sempre fatto tutto secondo la voglia e l’istinto. Ho pure dovuto imparare a mangiare e bere correttamente. Prima, durante i miei giri, capitava che non mangiassi o bevessi per ore, ho invece imparato che mangiare qualcosa regolarmente fornisce molta più benzina al motore».

È stata dura seguire l’allenamento?

Io mi sono sempre divertito, probabilmente se a seguirmi fosse stato qualcuno eccessivamente rigoroso avrei perso il piacere di farlo. Ho fatto diverse sedute in palestra, in estate moltissima corsa e bici mentre appena è arrivata la neve ho fatto numerose uscite di scialpinismo. Per tre volte, e in totale vergogna, ho fatto degli allenamenti con l’equipaggiamento completo a Goms. Sui sentieri invernali della regione, frequentati da famiglie e coppie a braccetto, mi sono sentito un deficiente con la calzamaglia e la mia slitta da 25 chili al traino.

Come ti sei preparato all’avventura? Ti sei informato nei minimi dettagli o ti sei lasciato sorprendere?

Io sono partito preparato per il peggio, il mio unico obiettivo era quello di portare a casa tutte le dita. Ma non ho voluto informarmi in modo troppo accurato sul posto che andavo a visitare, perché desideravo comunque che questo restasse un viaggio, una scoperta. Sarebbe stato peccato arrivare là e sapere già tutto quello che avrei trovato.

E cosa hai trovato, quindi, che ti ha sorpreso?

Mi aspettavo molta più pianura, ho invece scoperto che qualche dislivello c’era, eccome se c’era! Poi mi sarei aspettato di provare una certa paura nel camminare sui fiumi e sui laghi gelati, invece quei tratti sono stati quelli che mi sono gustato di più, era adrenalina pura! Lì riuscivo ad andare al massimo delle mie forze, riuscivo a provare un vero piacere nel movimento. I boschi invece li ho trovati proprio noiosi, non finivano mai.

Hai ascoltato della musica?

Sì tantissima. Prima di partire mi sono procurato due lettori mp3 a batteria (nel caso uno si rompesse) e ho caricato la musica che ascoltavo durante gli allenamenti, soprattutto rock e blues. La mia preferita era Sweet Home Chicago, dei Blues Brothers, il suo ritmo è perfetto per camminare veloce.

Come ti sei preparato mentalmente?

Una settimana prima della partenza, Tamara, un’amica psicologa, mi ha dato alcuni consigli utili per non abbattersi moralmente in caso di difficoltà. Fortunatamente non sono mai arrivato così giù da dover avere bisogno di quei consigli. I principali problemi erano la noia, soprattutto nei boschi, e la mancanza di sonno. Il sonno l’ho ridotto specialmente quando ero in testa e temevo che l’altro si avvicinasse troppo. A dire il vero nemmeno una volta arrivato al traguardo sono riuscito a farmi una bella dormita!

E a cosa pensavi?

Non hai tempo di pensare, devi sempre guardare dove metti i piedi e cercare in continuazione le neve giusta. E poi, fatta eccezione per i primi 50 km dove c’era ancora gente, per il resto del tempo mi sono sentito come un animale solitario in fuga, il mio unico obbiettivo era arrivare al checkpoint, nutrirmi e ripartire. Questo stato d’animo si è poi accentuato quando ho sofferto di problemi di stomaco che mi hanno fatto stare male per 17 ore, mentre il secondo recuperava terreno.

Come hai vissuto la competizione?

Il mio scopo era quello di mettermi alla prova in condizioni serie, non sono molto interessato alla competizione. Al proposito ti racconto un aneddoto; quando sono arrivato in albergo, il giorno prima della gara, sono uscito a cercare un paio di ciabatte, ne ho trovato solamente un paio foderate di pelo, come quelle dei nonni. Mi sono presentato quindi al briefing prima della gara con quelle ciabatte di pelo, una maglietta, la felpa dell’Hc Blenio e un paio di pantaloni sportivi che ho poi scoperto che erano pure bucati… Poi sono arrivati gli altri concorrenti, con abbigliamenti scintillanti, pieni di sponsor come degli alberi di Natale, mi sono sentito un pezzente. Quella notte ho sperato che annullassero la gara. Il giorno dopo, la gara ha invece preso il via senza intoppi e pian piano sentivo che il mio ritmo poteva essere superiore a quello dettato da chi mi precedeva e allora, dalle retrovie, ho iniziato a superare la gente. Non volevo che mi prendessero per un gradasso e mi scusavo continuamente con chi stavo superando.

Il momento più brutto della gara è coinciso con il tuo malessere. Il più bel momento quale è stato?

Il momento peggiore ha preceduto quello migliore. Stavo davvero male, mi ricordo di essere arrivato in una fattoria. Lì ho mangiato del pane con la melassa fatto in casa, ancora tiepido, e bevuto molto caffé americano con tanto zucchero, mi sono sentito rinascere. Quella notte sono davvero andato come un treno, era bellissimo. E poi, la stessa sera, mentre camminavo tra laghi e boschi illuminati da un’enorme luna piena e da stelle grandi come lampadine, ho visto una linea verde sottile che tagliava il cielo. All’improvviso da quella riga verde sono scaturiti dei fiotti che continuavano a muoversi, era l’aurora boreale! Mi veniva da piangere, è stato un momento bellissimo. Avevo con me la macchina fotografica ma non ho voluto scattare delle foto, quel momento l’ho voluto tenere solamente per me. È stato un privilegio terribile trovarsi da solo in mezzo al niente, con l’aurora boreale e la luna piena che si sfidavano a chi fosse più luminosa. Dopo un’esperienza del genere sarei anche potuto arrivare ultimo e non me ne sarebbe importato niente.

 

Ma Filippo non è arrivato ultimo. Proprio no. Con umiltà ha raggiunto il traguardo con più di un giorno di anticipo sugli altri concorrenti, mormorando ‘sorry’ ad ogni atleta sorpassato. Come se fosse una colpa quella di essere il più forte.

AUTORE
Andrea Guidicelli

PUBBLICAZIONE
Rivista 3valli

DATA DI PUBBLICAZIONE
02 Aprile 2021

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