“Acquarossa” com’era, il trentennio brioso di Costante Ballerini
Non l’ho conosciuto di persona Costante Ballerini da Como, morto ad Acquarossa nel 1951 quando non frequentavo ancora quei luoghi. Ma in seguito ne avrei sentito parlare spesso. Il suo nome ricorreva nelle serate d’osteria quando, soprattutto a partire da una cert’ora, la sete di Acquarossa com’era emergeva e allora un suo riferimento non poteva mancare. Era soprattutto Aldo [Aldo Sorgesa 1910-1990], che gli era stato amico e compagno di avventure e baldorie, a ricordarlo non lasciandoci mancare i dettagli più gustosi a proposito di Costante, ma non solo.
Fu proprio ad Aldo che mi rivolsi per farmi raccontare queste memorie. Non dovetti insistere e ci trovammo a casa mia davanti a un registratore l’8 gennaio 1981, nel primo pomeriggio. Giunta l’ora di cena rimaneva ancora molto da svelare. Decidemmo comunque di sospendere per andare dall’Anna, al Beltrami di Ludiano. Ci saremmo ritrovati il giorno dopo accompagnati da Peppino [Peppino Gandolfi 1913 – 1996], suo cognato che aveva anche lui conosciuto da vicino il Ballerini essendo stato suo apprendista-barbiere e avendone in seguito rilevato le botteghe di Malvaglia e di Dangio. È così scaturito un intreccio di memorie incrociate, non sempre concordanti nei dettagli (Aldo aveva la tendenza a dar forza al discorso!) ma complementari nel rievocare le gesta di quel comasco che tanto contribuì ad animare il quieto vivere di Acquarossa per un trentennio.
Costante Ballerini era nato a Como o dintorni nel 1879. Scarse le notizie di laggiù. Raccontava di aver imparato il mestiere di barbiere a Gallarate. Aveva una figlia (Flora) che ogni tanto veniva a trovarlo. Quindi in Italia era forse stato sposato e ora era vedovo (come ipotizzava Aldo, “perché altrimenti l’altra Flora, colei che diventerà poi sua moglie, molto religiosa e con un fratello prete, non l’avrebbe sposato”). Di sicuro in Italia aveva un fratello con famiglia. Sono stati qui anche loro, alcune volte. Doveva essere un bravo cacciatore.
Costante era un bell’uomo, capelli ondulati e curati. Sempre vestito elegantemente, con due anelli d’oro (uno con diamante) alla mano destra e una catenella pure d’oro reggeva l’ orologio da taschino (foto Donetta 1). Secondo Aldo, era “portato per le donne” o almeno doveva esserlo stato, perché dopo il matrimonio con la Flora, da quel lato almeno, “u s’a métü in caresciàda”. Prima però la sua parte doveva averla fatta.
In Ticino, Costante iniziò a esercitare l’arte a Mendrisio, sembra però “a condizioni economica-mente spaventose”, tant’è che si trasferì dapprima a Bellinzona, in piazza Nosetto e in seguito a Biasca-Stazione. Come mai lasciò l’Italia? Lui soleva invocare motivazioni di carattere politico, conseguenze di essersi sempre rifiutato di chiamare sabato fascista il sabato inglese. Versione che faceva parte del repertorio che amava esibire per intrattenere i clienti, con il rasoio a mezz’aria o accompagnando il ticchettìo delle forbici. Un altro classico ritornello d’intrattenimento era che, quando abitava a Como, tutte le mattine, prima di recarsi al lavoro, saliva con la funicolare a Brunate a “molà i bràc”, perché a lui quella liberazione riusciva con successo e soddisfazione solamente lassù…
Peppino lo incontrò per la prima volta all’inizio degli anni Venti quando, ragazzino, si recò a Biasca con suo padre Piero “a taià i cavèi da questu barbé” che conosceva bene, era suo amico e di lì a da poco avrebbe affittato una camera a Corzoneso, presso la famiglia Piemontesi, dove rientrava spesso. A un certo momento Costante aprì pure a Corzoneso un negozietto di commestibili. Il pane gli arrivava da un fornaio di Biasca e il Milieto o la Pia Piemontesi (che gestivano il negozio) scendevano tutte le mattine al piano, al tram delle otto, a ritirarlo. A un certo momento Costante cedette il locale di Biasca e aprì una bottega di barbiere a Olivone (aperta venerdì, sabato e domenica) e un giorno per settimana esercitava pure a Dangio. Il primo salone ad Acquarossa risale al 1925 ed era situato in un localino attiguo all’Albergo Simano (che in quegli anni si chiamava Ristorante Varesino), locale che in seguito avrebbe poi ospitato il negozio-chiosco Villars di Romana Beretta e più tardi la latteria dell’Angiolina dal làc. (foto Donetta 2). Nella bottega, abbastanza frequentata anche dai giovanotti della zona, Costante vendeva pure profumi e coltelli.
Ci furono però anche dei momenti in cui il lavoro di barbiere scarseggiava. Costante trovò comunque sempre il modo di arrangiarsi. Ad esempio preparando (frantumando) la ghiaia per la strada di Corzoneso, che forniva all’appaltatore della manutenzione, l’impresario Fortunato Pezzatti per 7 franchi al metro cubo, “prodotto scrupolosamente controllato e misurato dall’assistente del cantone Bernasconi”. Il materiale grezzo se lo procurava al riale e lo sbriciolava col martello (era uno dei pochi momenti in cui si liberava degli anelli). Portava poi la ghiaia col gerlo fino alla strada. Gli anelli scomparivano pure quando doveva pagare i profumi e i coltelli che arrivavano per posta, contro rimborso. Li impegnava da Patrizio Gianella, depositario dell’ufficio postale, per garantire il prestito che avrebbe restituito appena possibile, perché “è sempre stato un uomo onesto e di cuore”.
Per lavorare doveva però poter contare sul suo litro di vino al giorno (molto di più, secondo Aldo, “ma era sempre composto, aveva una bella parlantina. Rosso in faccia, ma non ha mai dato segno di essere ubriaco. Era sempre padrone delle proprie azioni!”). Allora non aveva più paura di niente. Peppino a questo proposito ha un ricordo che risale al periodo di Corzoneso. Era marzo, un giorno di vento freddissimo e il Ballerini arrivò in casa Gandolfi e disse a sua madre: “Oggi è il peggior giorno della mia vita. Se mi dà una bottiglia di vino le porto qui i pezzi della pianta di ca-stagno che ha tagliato il Piero in la Gàna da Madì”. La mamma lo invitò a pranzo, gli provvide il vi-no e lui mantenne la promessa, facendosi aiutare dai ragazzi del paese (tra i quali c’era anche Peppino) che quel pomeriggio avevano vacanza. Il Ballerini raccontava spesso ai suoi clienti an-che questo episodio. E Peppino si ricorda di aver dovuto testimoniare la veridicità del fatto, men-tre Costante lo stava illustrando a due signore nel ristorante.
Il Varesino dista dall’Albergo della Stazione (Bahnhof) un centinaio di metri, e tra un cliente e l’altro il Ballerini trovava il tempo di visitare anche i vicini. In quel periodo il Bahnhof apparteneva a una famiglia-bene di Leontica con trascorsi emigratori a Londra, i De Maria, che erano padroni di di-versi stabili a Comprovasco. Era gestito dalla signora Flora De Maria.
Occorre qui aggiungere che Costante, oltre che antifascista, si proclamava anticlericale. Ma un bel giorno Aldo se lo trovò di fianco nella cappella dell’Ospedale alla messa domenicale delle 7.30. Una presenza che si sarebbe protratta nel tempo. L’arcano fu svelato quando scoprì che il Ballerini “parlava alla Flora”, come detto molto religiosa e sorella di un prete, che infatti sposerà nel 1929.
Dopo il matrimonio, Flora continuò a gestire il ristorante-albergo e Costante aprì un salone da barbiere con tre poltrone in un locale del Bahnhof (lato sud, attiguo all’attuale macelleria, con entrata indipendente rispetto al ristorante) (foto Donetta 3). Da questo momento il Ballerini sarà affiancato da uno o più apprendisti. Il primo fu Emilio Piemontesi, poi arrivò il nostro Peppino, a partire dal 24 giugno 1929, vigilia di San Giovanni (se lo ricorda perché quel giorno furono molti i clienti di Leontica). Nel 1930 Costante aprì bottega anche a Malvaglia, che durante il primo anno fu gestita alternatamente da Emilio e Peppino. Durante il secondo anno di apprendistato Peppino do-vette poi arrangiarvisi da solo! Il terzo anno di apprendistato invece lavorò principalmente ad Acquarossa dove erano arrivati due altri apprendisti: Guido Veglio di Cumiasca e Siro Monico (detto Buco) di Dongio. Il Ballerini dava gli ordini agli apprendisti e poi si ritirava nell’osteria di fianco a intrattenere i clienti in compagnia della moglie.
Peppino collaborò con Costante, fino a giugno 1932. Poi lasciò, con l’idea di andare a Milano (do-ve aveva dei cugini) o a Basilea per imparare il tedesco e diventare coiffeur per signora. Mentre stava pensando al suo futuro, suo padre incontrò il Ballerini che gli fece una proposta. Siccome lui ora finanziariamente stava bene, voleva sbarazzarsi delle botteghe di barbiere e gli sarebbe piaciuto cederle a Peppino, almeno quelle di Malvaglia e di Dangio. Il genitore gli fece notare che suo figlio non aveva i mezzi per ritirarle. “Fa nient! Sa rangium mì e ul Pepino” la sua risposta. Fu stipulato un contratto, ma solo per Malvaglia dove iniziò l’attività a fine giugno 1932 e ogni domenica pomeriggio, quando tornava dal lavoro, passava dal Ballerini e gli lasciava parte del guadagno della settimana come acconto. In ottobre ritirò pure la bottega di Dangio. Avrebbe poi esercitato da barbiere per 24 anni, anche la domenica mattina, come allora si usava, ciò che “mi ha rovinato tutta la gioventù, soprattutto durante il periodo della caccia”.
Ballerini proseguì con il salone di Acquarossa fino al 1933, quando potè sciogliersi dai due apprendisti. Poi chiuse… bottega.
Guido Veglio continuò a esercitare per qualche tempo ad Acquarossa, ma nel piccolo locale accanto all’Albergo Simano (ex-Varesino) dove il Ballerini aveva iniziato. Pranzava dalla Santina Gianella-Schläpfer (che nel frattempo aveva rilevato l’Albergo). Curava pure la piazza delle bocce attigua all’albergo e tra di loro si arrangiavano “perché la Santina era una commerciante nata e sapeva che sia i clienti che il barbiere erano buoni frequentatori del suo ristorante”.
Chiusa la bottega di barbiere, Costante “cominciò a lasciarsi un po’ andare”.
Ebbe dei contatti commerciali con gente di Mendrisio da cui rilevò uno stok di chincaglieria (por-cellana) che espose in una baracca di legno che costruì di fianco al ristorante della moglie. Esaurito lo stok, decise di cambiar sistema di vendita (in un certo senso denotando un anticipo sui tempi…). Per non tenere merce in negozio (“che erano soldi morti”) optò per esporre solo i campionari degli articoli e, ricevute le ordinazioni, di andare personalmente a ritirare la merce alla fab-brica, nella Svizzera Interna. A tale scopo si munì dell’abbonamento generale delle ferrovie. (“Ta capisat, Flora, invece da sta chi a spétà, a töghi fö l’abunament”. “Sì, sì, bravu Custant! Tu gh’éi rasòn!“). E da allora, quasi tutti i giorni si vedeva il Ballerini sul tram, affacciato al vagone-bagagliaio, con gli avambracci appoggiati sulla stanga, i due anelli che brillavano e la catenella dell’orologio che ciondolava. E anche quando non aveva comande, saliva sul tram delle 13.40 e “amplamente, a vo a Ciass a bef un cafè!”. Questa attività, ovviamente, non era per lui indispensabile per vivere: la sua entrata principale era il Bahnhof, che funzionava molto bene. La Flora era cresciuta negli alberghi in Inghilterra, “era istruita, gentilissima e pulita” ed era un piacere entrare nel suo locale anche per i clienti delle Terme.
In seguito Costante aprì un Grotto nel nucleo di Comprovasco, il Grotto Ballerini, nell’attuale palazzo del Pretorio, a quel tempo una villa con parco (foto Donetta 4) che apparteneva alla famiglia De Maria, come pure quella situata di fronte, che sarebbe stata più tardi acquistata dall’architetto Augusto Cima… “Amplamente, Flora, ti ta sé chi… e mi sü là…, a gh’è dopia entra-da!”.
Dai giornali dell’epoca si può dedurre che l’apertura del Grotto avvenne nella primavera del 1935. All’esterno fu costruita una grande terrazza che fungeva da palco dalla quale un altoparlante col-legato a un grammofono attirava l’attenzione con musiche ad alto volume soprattutto per annunciare, durante certi fine settimana, le serate danzanti lì organizzate. Perché Costante amava la musica, “la danza”. Di tanto in tanto si recava a Como “a sentire l’opera o l’operetta”. Lui stesso era un buon tenore, intonava arie dell’Aïda e di altre opere.
Ma queste sue iniziative all’inizio non incontrarono grande entusiasmo tra la popolazione locale. Oltretutto il Grotto era situato proprio davanti alla chiesa di San Vincenzo dove abitava, al piano superiore, il parroco.
La prima festa danzante al Grotto di cui si ha notizia fu organizzata il giorno del Corpus Domini 1935, per iniziativa della Pro bambini gracili di Sommascona. Le reazioni non si fecero attendere:
“[…] Perchè deturpare una festa a favore dell’innocenza col ballo? Perchè si vuole distruggere il tesoro di moralità e di fede di questo nostro buon popolo? Riflettano gli iniziatori e tengano calcolo delle giuste lagnanze di tutta una popolazione”.
(GdP 11.8.1935)
Un forestiero in visita ad Acquarossa scrive:
“[…] Questa piccola oasi, dirò così, che trovasi nel centro della Valle, è assai frequentata dai forestieri che vi si recano in cura alle Terme e l’aspetto, nel suo assieme è oltremodo attraente […] ma nel mentre stavo contemplando la bellezza del piano e del monte, mi ritornava all’orecchio la musica varia e fortissima di un apparecchio Radio, con altoparlante, posta in un Grottino sovrastante l’abitato. Non ne feci caso, abituato come sono ad ogni genere di musica nell’ambiente cittadino. Ma poco discosto da questo Grottino, si erge maestoso l’Ospedale Bleniese, recentemente ampliato…”
(GdP 24.5.1936)
Probabilmente, almeno all’inizio, il locale era aperto solo da maggio a novembre (come tutti i grotti del resto) e a inizio maggio del 1936 viene annunciata la riapertura “del rinomato Grotto Ballerini in amena posizione, a due passi dalla Ferrovia Biasca-Acquarossa, ritrovo preferito dagli scampagnanti nella bella stagione”. (PeL 9.6.1936).
Nonostante le sporadiche proteste, il Grotto divenne sempre più il luogo privilegiato per le feste organizzate dalle società locali.
Memorabile risultò quella tenutasi a fine agosto 1936 “nel magnifico Grotto Ballerini” per celebrare il 75. di fondazione della Società Agricola Bleniese (“la prima Società Agricola sorta nel Cantone!” per iniziativa dell’avv. Ambrogio Bertoni).
Sempre “nei magnifici giardini” si svolsero per alcuni anni le feste organizzate dalle due associazioni locali: la benefica “Pro Acquarossa-Comprovasco ”, creata nel 1936 e lo “Sci Club Acqua-rossa“, fondato nel 1937, sempre accompagnate “da mille graditissime sorprese” e rallegrate, in serata, da apprezzate orchestrine.
Appuntamenti che continuarono con regolarità, all’insegna del motto “Divertirsi beneficando” fino al 1939. Poi sopraggiunse la guerra.
Nel frattempo, alla fine del 1938, probabilmente a causa di problemi di salute della signora Flora, l’Albergo Stazione fu ceduto al signor Angelo Sorgesa (già attivo nel ramo alberghiero a Bellinzona e a Biasca). Anche il Bahnhof in seguito risulterà molto richiesto e frequentato per le manifestazioni di carattere locale.
Dal 31 agosto al 17 settembre 1939 al Grotto Ballerini fu organizzata la Prima mostra d’arte in Blenio
(GT 29.8.1939).
Stando a quanto (non) risulta dalle segnalazioni apparse sui quotidiani seguirono un paio d’anni di relativa calma sul fronte delle feste al Grotto Ballerini. Parentesi probabilmente da imputare, oltre che alle vicende belliche, ai problemi di salute della moglie Flora.
Poi si riprende. A inizio agosto 1942 viene segnalato al Grotto un tiro alla carabina indetto dalla Federazione bleniese di sci, al quale parteciparono i migliori tiratori vallerani.
Sempre nell’agosto 1942 è programmata una festa campestre Pro Bambini Gracili organizzata dall’Ospizio di Sommascona. Giornata che iniziò con un concerto-matinée rallegrato dal gruppo giovani fisarmonicisti Columbia di Lugano all’Albergo Terme per poi proseguire nel pomeriggio al Grotto con giuochi, ruota della fortuna, “pesca meravigliosa” per concludersi con una serata famigliare animata da un’orchestra e da canti patriottici.
A inizio settembre sarà poi la volta della Prima giornata del contadino bleniese, con vino d’onore e banchetto da Sorgesa al Bahnhof mentre che nel vicino parco del Grotto Ballerini “va addensandosi un folto pubblico venuto da tutti i paesi della valle, numerosi i giovani e per la prima volta parecchie donne” dove alle 15 precise iniziò la parte ufficiale. Toccò al presidente della giornata Plinio Martinoli e alla segretaria Annina Bozzini introdurre i vari oratori: i professori Rocco Degiorgi, Riccardo Saglini e Tito Beretta e il dottor Linneo Martinoli in rappresentanza del Dip. Agricoltura. Ma a questo momento il cielo fattosi minaccioso “scaricò una fitta anche se breve pioggerella e il presidente Martinoli annuncia spiacente che l ’orario di partenza del tram non consente all’egr. prof. Fantuzzi di parlare, come era suo desiderio” (GT 8.9.1942).
È stato l’unico contrattempo di una bellissima giornata che ha visto riuniti ad Acquarossa 300 e più contadini bleniesi.
Le iniziative del Grotto Ballerini continuarono ancora per qualche anno in collaborazione con i vari locali pubblici di Acquarossa, particolarmente numerosi e attivi negli anni Trenta e Quaranta.
Ci siamo fin qui soffermati su alcune manifestazioni di particolare richiamo tenutesi al Grotto Ballerini. Il locale era però aperto anche durante la settimana e, dalle testimonianze di Aldo e Peppino che lo hanno frequentato, Costante lo gestiva in modo alquanto singolare, consono alla sua indole incline all’altruismo. Applicava trattamenti di particolare riguardo verso i clienti ospiti del Ricovero e i degenti dell’Ospedale. Se era a conoscenza che qualcuno si trovava in difficoltà finanziarie, adattava i prezzi. In generale, non lesinava nell’offrire un bicchiere in più… “Se gliene pagavi uno te ne offriva tre!”. Era, insomma, un generoso. “Amplamente, al gh’eva sét anca lü. Un quai dì pudrò truvam mì in quéla sitüaziòn”.
Lo diceva forse per scaramanzia, ai tempi d’oro.
Invece, a un certo momento, le cose si misero a girar male anche per lui. Il Costante “u beveva cumè un canarìn” e anche la Flora non disdegnava il bicchierino. “Amplamente, Flora, bevìman un gott!” che per la Flora significava whisky, visti i suoi trascorsi londinesi.
Flora morì nel febbraio 1951 e da allora Costante si trascurò sempre di più.
Le sterline dell’Inghilterra erano finite. Negli ultimi mesi di vita, solo nel suo Grotto, beveva tanto e mangiava poco. Si accontentava del piatto di minestra che una vicina di casa (la Giuvanìna, che fu l’ultima proprietaria dell’Albergo Bruni) gli metteva sul tavolo all’ora di cena.
A un certo momento padrone di tre case, “morì al momento giusto”. Alla fine non si vedevano più neanche gli anelli e la catenina. “Saranno state le ultime cose che ha venduto, perché ci teneva molto!”.
Costante Ballerini morì a 77 anni il 18 dicembre 1951. “Lo trovarono stecchito” al tavolo del Grot-to. Fu sepolto nel cimitero di Comprovasco, accanto alla Flora.
Nell’agosto 1954, il parco dell’ex- Grotto Ballerini ospiterà comunque ancora le due rappresentazioni del dramma storico in 4 atti di Alberto Pedrazzini Lo spettro del Castello di Tenero, interpretato dalla Filodrammatica di Acquarossa-Comprovasco (costumi della ditta Kaiser di Basilea).
Nel frattempo, con atto notarile del 28 dicembre 1953, il Palazzo Ballerini-Valchera era stato acquisito, tramite l’Ufficio Esecuzioni e Fallimenti, dallo Stato del Cantone Ticino.
Dopo importanti lavori di ristrutturazione, nel maggio 1957 diventerà la sede degli uffici statali in Blenio (Pretura, Ufficio di Esecuzione e Fallimenti, dei Registri ecc.) che prima erano situati dall’altra parte del ponte.
Doppio ritratto di Costante Ballerini
Il Ristorante Varesino (Archivio Donetta) – Completamente a destra era situato il primo locale di Ballerini
Ritratto di un gruppo di reduci italiani (guerra 1914-1918). Comprovasco 5 giugno 1932. Terrazza laterale del Bahnhof con entrata salone Coiffeur Ballerini – Costante Ballerini è seduto in prima fila, il terzo da sinistra (Archivio Roberto Donetta)
Giardino e casa che diventerà il Grotto Ballerini e oggi è il Palazzo della Pretura di Blenio (Archivio Roberto Donetta)
AUTORE Fernando Ferrari
PUBBLICAZIONE Voce di Blenio
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