Vox Blenii, un vivaio di musica popolare

La Vox Blenii si trova ora ‘nel mezzo del cammin della sua vita’… a 35 anni dalla sua fondazione, celebra il compleanno con una festa cantata al Cinema Teatro di Acquarossa

Sono 35 anni che si ritrovano, praticamente ogni settimana, a suonare insieme; provano le canzoni in una cucina, in un salotto e all’inizio della loro storia in uno stallino che chiamavano ‘il Night’. Tutti conoscono la Vox Blenii, famosa per il suo modo raffinato di interpretare canzoni del popolo, contemporaneamente fedele, sobria e calorosa nel creare ambiente festoso. Anche i bambini ne vanno matti: ballano, ascoltano le storie, perché un po’ si riescono a seguire e un po’ si infilano in temi misteriosi. I loro strumenti sono il contrabbasso, il violino, la fisarmonica, la chitarra e la meravigliosa voce della Luisa.

Vox Blenii: granaio della memoria

Una canzone popolare nasce dalla poesia contadina, viaggia attraverso le frontiere, si trasforma, si tramanda, va a scuola in osteria e si rallegra nelle case. È un bene orale che vive finché qualcuno non si prende la briga di metterlo per iscritto: allora il canto si fissa per sempre e da cultura nomade diventa un prezioso oggetto da museo. Questo succede alle fiabe, alle ricette e anche alla musica.

A volte, però, fissarla è l’unico modo di trattenere una tradizione, che altrimenti rischia di andarsene per sempre; è il caso di molti canti popolari, mai scritti, mai arrivati all’interesse degli studiosi e che semplicemente, per come è andata la vita nel Novecento, si perdono nel nulla… La gente ha smesso di cantare, chi dice a causa della televisione, chi già della radio, chi della voglia nel dopoguerra di buttarsi alle spalle tutto ciò che riguardava il passato, fatto sta che ora se canti in osteria ti chiedono: Ma hai bevuto? E allora va a finire che si canta solo quando si ha bevuto molto.

Se i nostri nonni, genitori e noi avessimo invece continuato a cantare come normale attività per stare insieme, la Vox Blenii si sarebbe probabilmente data al jazz, alla musica rock o a quella classica. Invece ha salvato dall’estinzione centinaia e centinaia di canzoni della nostra terra, perché a loro interessano solo i canti orali, quelli che non sono già stati presi e musicati da altri. «Siamo analfabeti di musica», spiegano, perché non scrivono le note, ma vanno a orecchio. «Lavoriamo prima di tutto con l’ascolto, poi le nostre mani fanno parlare gli strumenti».

Ricerca e composizione

Luisa Poggi, Aurelio Beretta, Gianni Guidicelli, Remo Gandolfi e Francesco (detto Ceck) Toschini sono i cinque musicisti della Vox Blenii; nei primi sette anni anche Antonio Cima e Ivano Lanzetti facevano parte del gruppo.

Dal 1985 a oggi hanno raccolto 1600 canzoni da parecchi informatori del Ticino e un qualcuno del Grigioni italiano; per ora ne hanno musicate quasi una novantina, registrate su sette cd. Gli informatori, cioè quelle persone che ancora ricordano qualche canto che nessuno conosce più, stanno scomparendo. «Non c’è più molto tempo», dicono i cinque musicisti. «Dovremmo provare a girare per le case anziani, per sentire chi si ricorda ancora qualche canto inedito o anche filastrocche, storie e poesie: vanno registrati, altrimenti sono persi per sempre».

Da questo repertorio, la Vox Blenii pesca poi i suoi pezzi. Prima di tutto si ascolta e si riascolta la registrazione dell’informatore; Aurelio e Luisa, che sono quelli che più degli altri sono entrati nelle case e nei locali pubblici a raccogliere canzoni e ricordi musicali, preparano la base: voce e fisarmonica. Poi in modo spontaneo ognuno prova a seguirli con il proprio strumento. Remo prende qualche appunto: una traccia di base, come il canovaccio che si usava nella Commedia dell’Arte per improvvisare. Piano piano arriva una struttura e si prova e si riprova finché i musicisti si ritengono soddisfatti. Quando si arriva a una quindicina di nuovi brani, viene preparato un nuovo cd.

I temi delle canzoni si dividono in alcuni generi e gli autori sono sempre sconosciuti: ci sono i canti popolari che parlano d’amore, di guerra, emigrazione, del duro lavoro e della povertà. Sono perlopiù scherzosi, allegri, perché la saggezza popolare insegna che non serve autocommiserarsi e il riso è la medicina di chi non ha niente (per esempio Evviva chi g’ha i debiti). A volte sono presi da filastrocche, oppure ripetono la strofa aggiungendo sempre un elemento nuovo, come se fossero stati inventati in gruppo, dove ciascuno attaccava un elemento supplementare (canzone La spusa che mangia troppo o Salta föra la mosca).

Altre canzoni arrivano dai cantastorie che raccontavano fatti di cronaca oppure sono ballate e parlano di conti, dame, matrimoni combinati, avvelenamenti, arrivano spesso dalla Francia attraverso il Piemonte (per es. La figlia del magnan).

Le feste

La Vox Blenii è certamente associata alle feste; nonostante non siano amplificati, possono suonare per molte persone e assicurarne l’allegria. C’è chi balla, chi batte le mani, chi conosce le parole e si unisce al canto. In ogni caso non sono un gruppo che si mette nell’angolo come sottofondo, mentre la gente parla. Succede in modo spontaneo: loro suonano per il pubblico e al pubblico viene voglia di stare a sentirli e di interagire. «Possiamo adattarci alla situazione, perché sappiamo scegliere i motivi più baldanzosi per creare ambiente spensierato, ma negli anni abbiamo sviluppato anche un repertorio più sofisticato, che va molto bene come concerto in una sala chiusa, dove la gente sta seduta. Non è in contraddizione con la musica popolare: è la purezza, la semplicità che emozionano», spiegano, e Luisa precisa: «Quando dico che col tempo ci siamo ‘raffinati’ nel modo di presentarci e di eseguire i canti, voglio dire che non solo il tempo ci ha plasmati, ma, penso io, anche i canti medesimi che via via abbiamo trovato ci hanno modellato».

La Vox Blenii ha anche organizzato per oltre vent’anni anni la ‘Tre giorni di musica popolare’, invitando gruppi internazionali, soprattutto dall’Europa ma anche oltre. Avvenivao un fine settimana d’autunno in cui si alternavano sul palco musicisti (sempre in versione acustica) che alla fine delle serate si univano a suonare improvvisando, scambiandosi suoni e accordi, lingue, ritmi e strumenti. «Per noi è stato arricchente. Abbiamo imparato molto dagli altri e ci è piaciuto conoscerli», ricordano i nostri cinque amici. Della musica popolare è stato scritto che è importante per quando ‘abbiamo bisogno di qualcosa che risvegli emozioni antiche, richiami d’infanzia, tepori casalinghi, profumi di terra, di case, di gente e volti, strade, piazze, paesi, tutto un mondo che a raccontarlo ci vorrebbero anni e invece, a volte, basta una canzone’.

35 anni non solo di musica

Ma questa mezza vita insieme non è unicamente saldata dalle prove, dai concerti, dalla passione musicale. C’è stata la mazza e una vigna in comune, ci sono stati figli cresciuti insieme e ci sono mogli che li accompagnano nelle gite; ci sono vacanze che i cinque condividono senza strumenti. C’è amicizia vera. «Si tratta di una parte importante della nostra vita: grazie alla Vox abbiamo visto posti che non avremmo mai visitato, ci sono state occasioni di divertimento e arricchimento personale che vanno ben aldilà del canto popolare. È un valore aggiunto a tutto ciò che siamo e che la vita ci ha dato».

Approfondimenti

www.voxblenii.ch

AUTORE
Sara Rossi Guidicelli

PUBBLICAZIONE
Rivista 3valli

DATA DI PUBBLICAZIONE
01 Dicembre 2019

Nessun commento

Lascia un commento