I cento anni dell’ospedale di Acquarossa raccolti in un volume

Impressioni e intervista all’autore Luca Solari, dopo la presentazione dello scorso 1 dicembre

Una cosa si è percepita in modo forte, il 1 dicembre scorso ad Acquarossa in occasione della presentazione del libro Dall’eremo alla rete sanitaria. I primi 100 anni dell’Ospedale di Acquarossa, ossia: un forte e sincero attaccamento e un grande affetto per l’Ospedale bleniese. Le 300 persone presenti nella palestra delle Scuole Medie, lo hanno potuto percepire  nelle parole di chi presentava il bel volume, edito da Salvioni Edizioni. Sentimenti che, penso, hanno recepito tutti i presenti, da chi nell’ospedale ci ha lavorato, a chi ci lavora tuttora, a chi è stato ricoverato, ma anche dai politici presenti fino ai vertici e ai rappresentanti dell’Ente Ospedaliero Cantonale (Eoc). L’Ospedale di Acquarossa è diventato nel corso degli anni un irrinunciabile e fondamentale tassello della vita della Valle di Blenio. Tanto che pensare alla Valle senza il suo ospedale, nato da quell’eremo fatto costruire nel 1881 da don Antonio Del Siro, non è solo come pensare ad una bella automobile… senza motore (e il motore è molto importante, essendo l’ospedale il maggior datore di lavoro del Distretto con i suoi oltre 100 impiegati). No, non è solo quello. La riflessione che mi sorta spontaneamente mentre ascoltavo le relazioni del curatore/autore Luca Solari e dei co-autori Simona Martinoli (i progetti, l’architettura), Marusca Cittadini (gli aspetti economici) e Fernando Ferrari (testimonianze e storia) oltre all’esposto del medico curante dr. Guido Ongaro è stata questa: pensare alla Valle di Blenio senza il suo Ospedale è come pensare alla Valle senza il Sosto. Semplicemente c’è. È imponente e magnifico nella sua presenza. Dà forza e carattere. E non lo si può spostare.

Cento anni di storia e di vita, hanno creato un legame imprescindibile con i bleniesi. Nel corso degli anni sono cambiate molte cose: alcuni reparti (chirurgia, maternità) sono stati chiusi. Oggi, oltre alla medicina acuta, ci sono però degli ambulatori funzionali e ben frequentati, tanti servizi per la popolazione ed è rimasto – molto importante e apprezzato – il servizio di Pronto soccorso. L’Ospedale, grazie all’impegno dei suoi medici e di tutto il personale curante, si è specializzato nella geriatria acuta, diventando un vero polo specialistico. «In questo contesto», ha detto il 1 dicembre il direttore dell’Ospedale regionale di Bellinzona e Valli (Orbv) Sandro Foiada, «l’integrazione della sede di Acquarossa nell’Orbv rappresenta un punto di forza e interpreta efficacemente il concetto di ospedale multisito promosso dall’Ente Ospedaliero cantonale (Eoc)». L’augurio, è che l’ospedale sia pronto ad affrontare le prossime sfide.

Sfogliando e leggendo il libro, è sorto in me il desiderio di porre delle domande all’autore Luca Solari di Acquarossa, docente e da sempre particolarmente attaccato alla sua Valle.

Assumere l’incarico di curare e scrivere il libro dei 100 anni, cosa ha voluto dire per te?

«È stata una sfida stimolante accettare la proposta rivoltami dal comune di Acquarossa, in rappresentanza degli altri comuni della Valle, e dalla direzione dell’ORBV, di scrivere questo libro. Non capita tutti i giorni che degli enti pubblici propongano di curare una pubblicazione a carattere storico a chi, come me, non è uno storico, né un ricercatore, né un archivista; bensì un semplice docente di scuola elementare, attaccato alle proprie radici e alla propria valle e interessato alla storia locale. Ho apprezzato la stima e la fiducia riposte nei miei confronti da parte dei promotori. È stata sicuramente un’esperienza molto impegnativa, ma interessante e arricchente, dal profilo della conoscenza storica e anche da quello umano, poiché questo lavoro mi ha permesso di conoscere persone nuove e di creare nuovi contatti con chi ha collaborato con me».

Dove hai incontrato le maggiori difficoltà nella redazione del libro?

«Non è stato facile, lavorando a tempo pieno nella scuola ed essendo impegnato su più fronti, trovare il tempo necessario e l’energia da dedicare alla ricerca di documentazione, alla raccolta di dati e di testimonianze dirette, alla redazione dei testi e alla correzione delle bozze. Alcuni archivi visitati durante le mie ricerche non sono catalogati, per cui la mole di lavoro è risultata ancora maggiore; ma è proprio da quegli scatoloni depositati negli scantinati che sono emersi i documenti inediti più interessanti, come per esempio il disegno pubblicato in copertina. Tra gli obiettivi iniziali c’era la richiesta da parte dei promotori di pubblicare il libro entro la fine del 2012, per non far passare troppo tempo dai festeggiamenti per i 100 anni avvenuti nel settembre 2010. Quindi il libro è stato realizzato in poco più di due anni, mentre per il mio primo lavoro Blenio: una valle a confronto avevo impiegato sette anni di ricerca, portata avanti nel mio tempo libero, prima di decidere di pubblicarlo».

Con tanta passione, hai ricostruito minuziosamente la storia dell’ospedale. Guardandolo ora, mentre passi da Acquarossa, quali sono i tuoi pensieri?

«Il fatto di rivivere il passato attraverso i documenti trovati e le testimonianze dirette mi ha permesso di entrare nei panni, almeno parzialmente, di coloro che hanno gettato il seme e l’hanno fatto germogliare. La sfida che ho raccolto è ben poca cosa rispetto a quella affrontata dalle persone che più di 100 anni fa si sono battute con grande intraprendenza, passione, tenacia e spirito di sacrificio, per far nascere l’Ospizio Bleniese. E con gli stessi sentimenti tante altre persone hanno fatto crescere questa struttura fino ai nostri giorni. L’ospedale di Acquarossa è riuscito a sopravvivere, di fronte ai progressi della medicina, all’evolversi della politica sanitaria e all’esplosione dei costi, trovando il proprio spazio e la propria funzione all’interno della rete sanitaria creata dall’Ente. Per raggiungere questo traguardo ha però dovuto superare parecchie difficoltà che alcune strutture nate in Valle nella stessa epoca non sono riuscite ad affrontare, per vari motivi, lungo tutto il corso del XX secolo. Penso qui alla fabbrica Cima-Norma di Torre, all’albergo delle Terme di Acquarossa e alla ferrovia Biasca-Acquarossa. I Bleniesi possono ritenersi orgogliosi di essere riusciti a salvaguardare il loro ospedale, pur scendendo a compromessi e adeguandosi alla realtà, che ha comportato delle rinunce. In nome delle diverse riforme sanitarie si sono persi parecchi posti letto, ma grazie all’entrata nell’Eoc e alla successiva messa in rete con gli altri nosocomi cantonali, l’Ospedale di Acquarossa si è ritagliato il proprio posto. Ha così potuto mantenere gli attuali 50 letti, un reparto di medicina e uno di geriatria, un efficiente Pronto Soccorso nonché una serie di specialisti esterni, presenti settimanalmente sul posto o raggiungibili velocemente attraverso l’efficace rete sanitaria, che permette di avere diagnosi precise in poco tempo senza dover ricorrere a trasferimenti dei pazienti. Dopo tutti questi sforzi e sacrifici portati avanti da singole persone, dai comuni e da altre associazioni (Ascoble) a difesa dell’ospedale, mi auguro che esso riuscirà a sopravvivere anche di fronte alla prossima riforma sanitaria del 2015. Ora che l’Ospedale di Acquarossa ha trovato la propria missione, in Ticino si sta cominciando a parlare di un unico ospedale per la medicina di punta e altri tre o quattro centri per le cure di base. Se si dovesse andare in questa direzione bisognerà vedere quale sarà la destinazione per gli ospedali di periferia come quello di Acquarossa».

Un paio di aneddoti, tra i tanti:

Racconta Vincenzo Toschini (p.180), già economo dell’Ospedale: Durante la fase di demolizione dei vecchi stabili, prima che le ruspe abbattessero il vecchio ospedale e l’oratorio, fui io a ricordare ai progettisti che sotto il pavimento della sagrestia erano sepolti il fondatore del primo edificio, Don Antonio Del Siro, e Don Baldassare Toschini. Furono esumati e traslati nel cimitero di Comprovasco. Don Del Siro portava ancora le scarpe chiodate (con le ‘stacchette’).

Racconta Suor Raffaella Derighetti (classe 1933), già assistente spirituale (p.171): Mi ricordo che dovevo svolgere svariati compiti, tra cui quello di preparare il caffé in cucina per tutto il personale. Dovevo anche andare nell’azienda agricola dell’ospedale a prendere i polli, ucciderli e portarli in cucina per spiumarli. Tra gli ospiti del ricovero c’era un anziano, soprannominato ‘il Maresciallo’ che si occupava dei maiali e c’era la Cesarina che si affezionava ai conigli appena nati e dava loro il latte col biberon; alcune anziane, tra cui la Martina, aiutavano anche in lavanderia a fare il bucato. C’era un altro anziano che si sedeva sulla panchina e dava da mangiare ai gatti che arrivano praticamente da tutto il paese. Era una vita molto campestre e semplice.

AUTORE
Mara Maestrani

PUBBLICAZIONE
Voce di Blenio

DATA DI PUBBLICAZIONE
01 Gennaio 2013

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