Peduzzi di Dongio: storia di una bottega

Il negozio Peduzzi di Dongio è conosciuto da tutti: Chiara continua l’attività delle sue zie e, prima ancora, di suo nonno

Che sia piena di ricordi o che la si visiti per la prima volta, la bottega in piazza a Dongio,  chiamata semplicemente ‘il Peduzzi’, è comunque fantastica. I turisti che ci capitano per caso restano a bocca aperta: quante cose si possono stipare in uno spazio così ristretto? Da dove arriva tutta questa merce? E soprattutto: cosa non si trova qui dentro?

Tutto ebbe inizio nel 1909, quando un certo Giuseppe Peduzzi dal nord Italia giunse in Valle di Blenio e aprì una piccola bottega di alimentari. Bisogna immaginarsi le ceste e i sacchi di riso, fagioli, farina, le damigiane di vino e dimenticare i pacchetti e pacchettini a cui siamo abituati noi. Erano ben altre le quantità quando si andava a fare la spesa… E bisogna pensare che all’epoca (e ancora per un bel po’) Biasca era lontana e non ben accessibile alle donne che andavano a fare compere. Altri negozi così grandi e ben forniti non ce n’erano.

Giuseppe ebbe sette figli e tre di questi, tre delle figlie femmine, andarono avanti con l’attività del padre. Erano le famose sorelle Peduzzi, sempre dietro al bancone (al limite si potevano incontrare anche in chiesa, ma non in molti altri posti): Carmela, Piera e Graziella. Poi c’era anche Elsa, che aveva la patente e si occupava soprattutto delle consegne: la si vedeva quindi meno in negozio e inoltre non era zitella come le altre tre, ma aveva famiglia.

Il Peduzzi, con i decenni, è diventato immenso. Non la bottega in sé ma il magazzino, che comprendeva lo spazio che adesso è occupato dall’osteria la Baita e tutto il piano superiore. Un centinaio di metri quadri pieni di merce di ogni sorta, dai vestiti da lavoro ai jeans a zampa d’elefante per giovani alla moda; dai prodotti alimentari agli attrezzi da giardino; dal vino fatto in casa agli elettrodomestici per la cucina. Era salumeria, ortofrutta, supermercato, merceria, ferramenta tutto insieme, tutto ordinato, impilato, messo via e riportato alla luce al momento del bisogno.

Raccontano i clienti che le tre sorelle si distinguevano perché avevano personalità e ruoli leggermente diversi. Quando si entrava a fare la spesa, dopo aver chiesto la merce, una partiva nei meandri del magazzino: era Carmela, quella che sapeva dove trovare (o, meglio, dove andare a cercare) tutti i prodotti nel retrobottega. Mentre lei spariva dietro le quinte, si faceva avanti Piera, la più chiacchierona, che si informava sul cliente: chiedeva chi era, di chi era figlio, dove abitava e che cosa faceva; oppure, se era una persona conosciuta, la intratteneva per tutto il tempo che c’era da aspettare. In ultimo, quando Carmela tornava con la merce richiesta, entrava in gioco Graziella, che con una bellissima rotonda calligrafia, segnava su un foglio tutti i prezzi e faceva la somma. Era lei la contabile.

«Finché c’erano loro era impossibile pensare di mettere il becco in qualsiasi cosa riguardasse la bottega», racconta divertita Chiara Peduzzi, la nipote di Elsa, quella che faceva le consegne. «Mia sorella Alice e io venivamo qui a giocare e certe volte, già da più grandicelle, abbiamo provato a sistemare la merce come ci sembrava più giusto… ma il giorno dopo ritrovavamo tutto come volevano loro». Carmela, Piera e Graziella hanno lavorato fino alla fine, o quasi. Il negozio era la loro casa, la loro vita. Era l’unico in Valle che avesse di tutto, dal cibo ai vestiti a quello che si necessita per la casa e il giardino. Quando anche l’ultima delle tre sorelle se ne andò (la Piera), toccò a Chiara, Alice, alla loro mamma e alla loro nonna prendere in mano il negozio: «Abbiamo trovato 500 paia di jeans, decine e decine di piatti e bicchieri che abbiamo ancora qui in cima agli scaffali, mulinex antidiluviani, migliaia di chiodi di tutti i tipi e aghi per far fare la maglia a ogni donna del Ticino…».

Chiara stava facendo la patente di esercente e poi, insieme con la sorella, ha iniziato l’avventura della bottegaia di paese. Nei primi anni ha formato un apprendista e ha dovuto svuotare tutto il magazzino perché apriva l’osteria la Baita e la mansarda al piano superiore è stata data in affitto: un inizio col botto, dunque!

Lavorare in un negozio di paese è un mestiere bellissimo, in mezzo alla gente che conosci e a cui vuoi bene, ma di questi tempi è anche difficile: «I piccoli negozi soffrono della concorrenza di quelli grandi», spiega Chiara. «Tanti clienti vengono solo a comprare quello che hanno dimenticato quando fanno la ‘spesa grossa’. È peccato, ma è così. Non voglio generalizzare, perché ci sono molti bleniesi che fanno la spesa da noi, però sono più i turisti o quelli che hanno la casa di vacanza qui, quelli che si divertono a entrare di noi e prendere tutto ciò che gli occorre. Alcuni di questi sono nostri fedeli frequentatori da quaranta o cinquant’anni…».

Per questo motivo, Chiara ha deciso di specializzare il suo negozio. Il Peduzzi rimane il luogo dove trovi di tutto (come dicevamo, dai vermi per la pesca al ferro da calza numero 5,5 al quel particolare cacciavite delle taglia esatta che ti serve) però in più offre una buona gamma di prodotti locali. Formaggi della valle, miele, torte, panettoni, pane fresco, biscotti, cioccolata, tisane, 10 tipi di farina, caffè prodotto all’interno di un progetto ticinese, salumi, cotechini, ossi in bogia e derivati dalla propria mazza, distillati e vini della famiglia. Un’altra particolarità non ancora molto diffusa nei negozi: qui ci sono i detersivi alla spina. E fuori dal negozio, libri di seconda mano in omaggio.

AUTORE
Sara Rossi Guidicelli

PUBBLICAZIONE
Rivista 3valli

DATA DI PUBBLICAZIONE
01 Maggio 2016

Nessun commento

Sorry, the comment form is closed at this time.